Che cosa significa Intercultura

Enrica

da Vibo Valentia in Repubblica Ceca per un anno

Che cosa significa Intercultura io l’ho compreso solo mesi dopo il mio arrivo nel paese ospitante.
Ero partita con zero aspettative, zero pensieri positivi, ma comunque con tanta curiosità.

Per quale motivo?
Perché prima di poter vedere la scritta “vincitore” su quel benedetto schermo, dovetti sopportare quella di “riserva”, per un mese intero.
Ero riserva per la mia prima scelta, gli Stati Uniti… il mio sogno.

Ero riserva per ciò che mi aveva spinto a fare domanda, ma all’epoca ero completamente ignara di cosa mi aspettasse.
Chi avrebbe mai potuto pensare che la stessa ragazza che due anni fa sognava l’America, tra le mura della sua stanza, sarebbe finita in un villaggio della Repubblica Ceca a scrivere della sua esperienza, tra le mura di una stanza tutta nuova? Io no di certo.
  • 26/08/2016 - Partenza per Praga
  • 7 ottobre 2016 -  Cultural camp per centri locali
  • Il mio centro locale (nazionalità: giapponese, italiana, brasiliana, cilena, messicana)
  • Febbraio 2017 - prom a scuola, in cui ho festeggiato i miei 18 anni
  • Io e mia sorella a Natale
  • Io e le mie migliori amiche di scuola (Bára, Pája, Zuzka) alla festa dei miei 18 anni

Quando ricevetti la telefonata da Intercultura, nel lontano 24 marzo 2016, tutti i miei sogni si dileguarono in meno di un minuto, nel momento in cui dall’altro lato della cornetta giunsero le parole : “Tu sei riserva Stati Uniti, giusto? Dunque, abbiamo visto che tra le tue scelte c’è anche la Repubblica Ceca e tu risulti essere la prima in graduatoria. Se accetti, il posto è tuo, altrimenti chiameremo qualcun altro e tu resterai in attesa come se non ti avessimo mai contattata.”
Non sapevo cosa dire.

Ormai ero sicura che avrei perso tutto ciò in cui avevo sperato per mesi e mesi.
Certo, per me era una grande delusione ma, d’altro lato, rappresentava comunque un’opportunità, quella di andare in un posto completamente diverso da quello che avevo in mente, di cui non conoscevo assolutamente nulla e, in ogni caso, una chance riservata a pochi.
Decisi di accettare, ma, confesso, con molto meno entusiasmo di quando a settembre avevo presentato la domanda di partecipazione al concorso.
All’epoca non avevo capito nulla di Intercultura: la vedevo solo come un modo alternativo per andare negli Stati Uniti, rispetto alle offerte più costose delle altre organizzazioni.
Il mio unico pensiero era l’America! Stilando la mia lista non avevo fatto caso alla valanga di altri paesi a disposizione; ho prestato attenzione solo al sistema scolastico. Cosa che, oggi, col senno di poi, non rifarei assolutamente.

Perché la fissazione con gli USA?
Per tornare a casa con un inglese perfetto, per “toccare con mano” la vita americana di cui tutti parlano, per tentare di aprirmi la strada verso un futuro più promettente.
Ma avevo perso di vista quale fosse lo scopo dell’associazione che avevo scelto, anzi, non lo conoscevo affatto!
Ebbi delle piccole crisi nei mesi prima della partenza. Pensavo di essere stata sfortunata, di aver perso l’occasione che sognavo sin da bambina e che avrei solo perso il mio tempo in un paese che non avevo mai considerato più di tanto.

Ma Intercultura ci “immerge” sin dall’inizio in un ambiente unico, fatto di persone aperte e curiose che hanno gli stessi sogni da condividere, persone che si incontrano e si aiutano a vicenda e che della vita guardano sempre il lato positivo.

Dunque, grazie a questa nuova community di cui ho iniziato a far parte non appena uscita dalla riserva, ho pian piano sconfitto l’angoscia iniziale, sino a giungere al giorno della partenza con tanto entusiasmo da poter scalare l’Everest, ma pur sempre con basse aspettative, per non crearmi illusioni.

Dunque, il mio destino prendeva una svolta!

Fosse stato un aereo per gli States, avrei già saputo cosa aspettarmi, come muovermi e come parlare, ma adesso avrei preso un volo per Praga, la Parigi dell’est, dove si parla ceco e le persone sono, secondo gli “stereotipi”, poco accoglienti.

Gli aggettivi con cui vengono “dipinti” i Cechi sono infatti : chiusi, freddi, diffidenti e noiosi. Eppure io sono capitata in una famiglia di archeologi che ha viaggiato per 2/3 del mondo, ho fatto subito amicizia a scuola, creando dei rapporti unici. Ho ricevuto il supporto di tutte le persone attorno a me e mi hanno fatto sentire a casa sin dal primo giorno.
Se mi avessero detto tutto ciò un anno fa, non ci avrei mai creduto. Non avrei mai creduto di festeggiare la mia entrata nel mondo degli adulti lontana da casa, lontana dai miei amici e dalla mia famiglia, eppure sono qui e…ne sono così felice! Ho diciotto anni e mi trovo in un posto che fino a nove mesi fa a malapena sapevo esistesse. Ho iniziato una nuova vita in completa autonomia, senza alcun indicazione o spalla su cui “piangere”. Sono stata accolta in una nuova famiglia, che di me non sapeva nulla e che chiaramente nemmeno io conoscevo, eppure adesso sono la loro figlia italiana.

Devo ammettere che spesso e volentieri sono un disastro, non mi alzo mai la mattina e perdo gli autobus, sono una ritardataria cronica, arrivo sempre per ultima e, spesso, anche senza aver finito di prepararmi. Ricordo di aver scritto queste cose sulla mia lettera di presentazione nel fascicolo, pentendomene, perché…quale persona sana di mente avrebbe scelto “una come me”!
Eppure, la prima cosa che mi dissero arrivata in questa casa fu proprio che non avrebbero voluto nessun altro.
Per diciassette anni ho vissuto con un fratello, una lotta continua, un rapporto di amore e odio, avendo sempre immaginato come sarebbe stato avere una sorella e, voglia il fato, qui mi sono ritrovata a convivere con una “puzzola stonata” che riempie i miei pomeriggi con le sue apparizioni improvvise, i suoi abbracci e le sue facce buffe, che mi fanno sempre morire dal ridere. Quando parla di me, dice che sono sua sorella e la sua migliore amica. Adesso, non saprei immaginare la mia esperienza senza di lei.

Purtroppo il tempo scorre in fretta e i mesi rimasti sono meno di quelli trascorsi e, se guardo indietro, sembra sia trascorsa una vita intera. Le persone che solo otto mesi fa erano perfetti sconosciuti, ora sono la mia quotidianità, mi hanno accolto nelle loro vite come se ci fossi sempre stata.

Prima di partire ero “ubicata” in un acquario, adesso sto lentamente scoprendo un vasto oceano.
La mia famiglia ora viene da tutto il mondo e non c’è cosa più meravigliosa che ritrovare te stessa in qualcuno che ha sempre vissuto dall’altro capo del pianeta, che ha avuto le tue stesse attitudini e che con te magari non condivideva nemmeno le stagioni, poiché su due emisferi diversi.

Riuscire a comprendersi pur parlando lingue differenti. Insegnando-imparando a vicenda la propria lingua. Capirsi senza il bisogno di tradursi. E’ questo il significato di Intercultura. Non si tratta di città, scuole o bandiere, si tratta di persone. Sono le persone che compongono la nostra esperienza. Possiamo trovarci ovunque, ma il luogo non avrà mai tanta importanza quanto la gente di cui siamo circondati.
Persone che il destino fa incontrare e che rende inseparabili.
Incontrarsi per confrontarsi, scoprirsi, per poi capire di essere uguali, abbattendo qualunque pregiudizio, lasciando da parte etnie, religioni, orientamenti politici o il colore della pelle.
E’ un’esperienza che ti cambia la vita, il tuo modo di essere e di approcciarti agli altri, per sempre.

Enrica

da Vibo Valentia in Repubblica Ceca per un anno

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