Imparare a nuotare con un ritmo diverso

Elenamartina

Da Milano in Indonesia per un anno

Indonesia...INDONESIA???
Ebbene sì, sto facendo il mio anno all'estero in Indonesia e ne vado fiera. Perchè? Perchè sto imparando moltissime cose, cose che non si trovano sui libri e che non si studiano a scuola: lezioni di vita. In soli due mesi, non immagino cosa sarò a fine programma, sono riuscita ad affrontare e superare situazioni che in Italia non sarei mai riuscita a immaginare e, anche se l'avessi fatto, se fossi riuscita a ipotizzare una situazione anche vagamente simile a quella che sto vivendo qui, non sarei mai riuscita a potarla a compimento da sola. Qui è come se mi fossi imposta di uscire da un labirinto buttando la chiave della porta d'ingresso: si può solo andare avanti verso la porta d'uscita. Adoro questo enorme enigma perchè mi continua a far cambiare idea, prospettiva, emozione, volontà: mi rende sempre più cosciente delle mie capacità e più rispettosa di me stessa, nonchè qualche volta orgogliosa. Non c'è niente di meglio di un bel "ce l'ho fatta" dopo aver superato un ostacolo e una frase che mi aiuta a ricordare questa sensazione nei momenti difficili è "...e ogni ostacolo che supererò sarà come un colpo d'ali e volerò..." (cit. dal cartone animato "Hercules").
In Italia ero solita affrontare le situazioni difficili con mia mamma: il problema non era mio, era nostro. Tutto questo non c'è qui, sono io e il problema, faccia a faccia, nessuna agevolazione o compromesso: o così o così.

Cosa intendo per situazioni difficili? Intendo il momento in cui ho deciso di assistere al Kurban (o Halal, sacrificio religioso musulmano) dove ho dovuto guardarmi dentro e chiedermi "Ce la posso fare? Posso assistere a quest'evento senza modificare l'equilibrio di stabilità che sono riuscita a costruire con la mia famiglia? Riuscirò a vederli allo stesso modo affettuoso di prima? È questo uno dei miei limiti? Se è un mio limite, posso affrontarlo perchè mai messo alla prova?"Oppure ogni qual volta mi trovo a dover assecondare l'idea di pulizia che ha questo popolo (non esiste la carta igienica perchè "bagnato è pulito") o quando vedo le formiche passeggiare allegramente sul cibo in tavola e le persone non garbarsene minimamente, quando sento dire "No, qui sono troppo espliciti abbracci e baci: qui stringere la mano è sufficiente" e altre occasioni di sconforto. Ma ciò che mi aiuta sono i piccoli gesti, a volte quasi impercettibili: un sorriso, un posto a sedere, una caramella, una parola (semangat, guerriero), un colore, un origami. Un esempio meglio descritto può essere il seguente: dopo una giornata particolarmente intensa mi era venuto il malditesta, l'ho scritto a mio fratello e, dato che nel pomeriggio avrei dovuto ballare per un esame d'arte, gli chiedo di aspettarmi fuori da scuola per tornare insieme a casa perchè non me la sentivo di partecipare al corso; mi risponde 'ok', lo raggiungo davanti alla sua classe e lui, tutto agitato, mi dice che ha scritto a nostra madre chiedendole di venirmi a prendere con l'auto perchè aveva paura che il troppo rumore del motorino e del traffico mi avrebbero fatto ancor più male alla testa. E' stato un piccolo gesto di attenzione, di sincera premura, di genuità che per un momento mi ha fatto dimenticare il malditesta.

Occasioni come queste mi danno la carica di cento uomini e mi rinforzano, mi ricordano che sì, sto faticando, ma anche le persone che in questo momento sono a me più vicine hanno deciso di faticare, di aprire una parte di sè stesse a una persona che all'inizio sicuramente le giudicherà e le riterrà "non come...", hanno deciso di affezionarsi a una persona che probabilmente vedranno pochissimo o mai più dal vivo. Non gira tutto intorno a me, sono io che mi sono buttata nella corrente e devo imparare a nuotare con un ritmo diverso. Il vero viaggio è quello che scompone le tue sicurezze e ti rende umile, quello che ti fa sorgere molte più domande di quando sei partito, quello che ti fa cadere e andare in mille frantumi di confusione per farti capire che lo specchio infranto non hai mai rilesso un'immagine più chiara e nitida; questo è uno dei concetti che ho capito in questi due mesi insieme a molti altri che probabilmente sono solo l'inizio di una seria lunghissima che apprenderò nel resto del corso del mio programma. Mi sentirò più forte nell'essere flessibile e adattabile a ogni situazione, pensiero, forma, colore, odore, suono o materia grazie a questo programma, quest'esperienza. Amo la mia indonesia non perchè ci assomigliamo ma perchè ci scontriamo e ci confrontiamo sempre, ogni giorno, ogni secondo. Grazie Indonesia, grazie Intercultura.

Scatti dalla vita di Elenamartina in Indonesia

Elenamartina

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