L'Austria vista con occhi italiani
Claudia
Da Treviglio in Austria per sei mesi
Ottobre. La nostra scuola è tappezzata di manifesti che pubblicizzano gli incontri informativi di Intercultura.
Come altri li guardo con scarso interesse, quasi con indifferenza, almeno finché una ragazza non viene a raccontare la sua personale esperienza nella mia classe.
Così, il giorno della riunione "sequestro" i miei genitori e li trascino all'incontro.
Durante l'intera serata intervengono volontari, genitori e ragazzi, ciascuno con la propria esperienza sulle spalle. Sento che ognuno di loro è accumunato da emozioni e ricordi simili, ma anche completamente diversi. Tutte quella persone mi hanno trasmesso l'idea di essere uniti da qualcosa di unico, di vero e profondo che mi ha spinto a fare il concorso per i programmi di Intercultura.
Trascorrere un anno (o cinque mesi) all'estero, è una possibilità che a molti sembra solo un sogno, qualcosa che si legge sui giornali o che si racconta persentito-dire, come una cosa lontana, una possibilità di pochi.
E da lì è cominciata l'avventura: test attitudinale, test d'inglese, compilazione del fascicolo, scelta dei programmi e delle destinazioni, la lunga attesa fino a febbraio, il concorso per la borsa di studio, l'e-mail di conferma del Paese che mi ha ospitata, quella della famiglia ospitante, il primo contatto con la mia sorella austriaca e la data di partenza.
4 settembre, ore 9:34. Atterro al Vienna International Airport. Ed ora sono qui, dopo esattamente 190 giorni, a cercare di rivivere questa fantastica esperienza.
Trascorrere un anno (o cinque mesi) all'estero, è una possibilità che a molti sembra solo un sogno, qualcosa che si legge sui giornali o che si racconta per sentito-dire, come una cosa lontana, una possibilità di pochi.
Lo pensavo anch'io e sono andata avanti a crederlo anche nelle prime settimane in Austria: mi sembrava semplicemente di essere in gita con la scuola e continuavo a pensare che nel giro di un paio di settimane sarei tornata casa; non riuscivo a rendermi conto che sarei rimasta lì così a lungo. Assurdo, vero?
La mia famiglia ospitante è stato il primo riferimento che ho trovato in un mondo tanto nuovo.
Il 14 settembre ho cominciato a frequentare la HAK Feldbach (una scuola molto simile alla nostra ragioneria) e credetemi quando vi dico che all'inizio è stata una vera e propria sfida!
Prima di tutto quella scuola era un labirinto e credo di essermi persa un paio di volte... Per non parlare dei Supplierplan (bacheche su cui venivano segnate giornalmente le ore di supplenza), dei quali ho scoperto l'esistenza solo verso dicembre, e degli orari scolastici pieni di abbreviazioni e sigle incomprensibili.
Malgrado tutto, però, sono riuscita ad adattarmi (almeno un po') ai ritmi austriaci e, soprattutto, ho conosciuto moltissime persone che mi hanno fatto vivere momenti incredibili e che mi hanno insegnato molto...sulla cultura, sulla tradizione, sul loro modo di pensare e soprattutto sul loro modo di essere. La mia famiglia ospitante è stato il primo riferimento che ho trovato in un mondo tanto nuovo.
ho conosciuto moltissime persone che mi hanno fatto vivere momenti incredibili e che mi hanno insegnato molto
In particolare, però, è stata l'amicizia con una ragazza che mi ha cambiato veramente il modo di vedere le cose: Bianca, 18 anni, mi era stata assegnata come volontaria di riferimento (colei alla quale avrei dovuto rivolgermi per ogni necessità), grazie all'età molto vicina, però, siamo diventate molto amiche. Lei ha trascorso un semestre in Cina e quindi ha capito fin da subito il mio disorientamento e le mie emozioni contrastanti. Abbiamo passato pomeriggi interi a fare confronti sui nostri modi di vivere e di pensare: io le ho insegnato cosa sono le lenzuola (in Austria non esistono) e alcune frasi in italiano, come ad esempio dei soprannomi dolci come "tesoro" o cucciola o modi di dire "materni" del tipo «la tua camera è un porcile: sistemala!»; lei mi ha spiegato alcuni modi di fare austriaci, in particolare sono stata invitata al suo Matura Ball (Ballo di Maturità) dove l'ho vista ballare la Bolognese (danza tradizionale dei balli di maturità) sulle note di "Quando viene dicembre" di Anastasia. Averla incontrata mi ha permesso di comprendere a fondo l'ambiente che mi circondava e di entrarne a far parte al meglio, senza cioè dimenticare le mie origini.
Claudia
Da Treviglio in Austria per sei mesi