One of US

Maria Carla

Da Roma negli USA per un anno

Essere una neo-cittadina americana in un periodo di protezionismo
Sono una ragazza di Roma, ho 17 anni, ma è fin da quando ero piccola che mi sono sentita diversa dai miei amici e dai miei coetanei in generale … come se provassi di avere qualcosa in più da offrire al mondo e fossi in cerca dell’opportunità per spiccare il volo e per distinguermi dagli altri una volta per tutte.
Per questo motivo ho deciso di intraprendere una esperienza unica, che ero sicura mi avrebbe offerto l’occasione di trovare me stessa ed esprimermi al meglio; e quale Paese meglio degli Stati Uniti d’America, la terra delle opportunità?

Con la mia valigia piena di sogni e speranze, sono partita verso questo Paese ottimista e democratico, un Paese che garantisce il diritto alla felicità nella propria Costituzione
Come per tutti gli exchange students, la sfida più grande che ho dovuto affrontare è stata quella di accettare l’etichetta di “foreign” che mi è stata assegnata fin dal primo giorno e che sarei riuscita a scrollarmi di dosso solo con grande fatica.

Il patriottismo che caratterizza gli Americani è stato il primo e più grande ostacolo da superare per sentirmi parte della loro comunità. Questo aspetto caratterizza la società americana fin dalla sua nascita, e il nuovo eletto Presidente Donald Trump, ha costruito attorno ad esso la campagna politica che lo ha portato alla vittoria. Ribadendo il diritto di attribuire l’assoluta priorità agli interessi della propria nazione, il Presidente ha adottato una politica protezionista con lo scopo di “Make America Great Again”, riaccendendo negli animi di molti americani, anche giovani teenagers e high schoolers, la fierezza di appartenere ad un Paese che rappresenta, ad oggi, la prima potenza mondiale e che sembra aver voluto limitare, finora, la ricchezza ai propri cittadini.

Allo stesso tempo però l’America è un paese nato e fatto crescere dagli immigrati, gli stessi ai quali oggi si voltano le spalle. In nome della protezione e della sicurezza, i diritti degli immigrati sono fortemente minati; ed essere una Exchange Student in questo contesto, oggi più di ieri, comporta responsabilità e sfide da affrontare con determinazione.
Perciò, anche in questa occasione, il mio ruolo si è rivelato molto speciale. Avendo un genitore nato negli Stati Uniti, avrò presto la possibilità di acquisire la cittadinanza americana. Una occasione che rappresenta un privilegio per me, ma che, allo stesso tempo, mi investe di un altrettanto grande peso. Citando le parole di un super-eroe: “Da un grande potere derivano grandi responsabilità”.

Ero nella classe di Accounting, trascorrendo il tempo libero che il professore ci aveva concesso chiacchierando con compagni Juniors e Seniors. I ragazzi che frequentano questa classe mi hanno particolarmente messo alla prova, fin dal mio arrivo, con giochi di parole difficili da capire (approfittando della scarsa dimestichezza che all’inizio avevo con l’inglese) e battute di dubbio gusto a proposito del mio Paese e della mia cultura. Ma avevo una notizia che avrebbe cambiato il loro pensiero, che mi avrebbe permesso di liberarmi di quella etichetta da “foreign” una volta per tutte! Mi sono alzata di fronte alla classe e ho mostrato ai miei compagni e al professore, anche lui appassionato di battute sulla mia nazionalità, il documento che annunciava la cerimonia che mi avrebbe attribuito la cittadinanza americana. La reazione di tutti è stata, come mi aspettavo, di grande entusiasmo e calore verso di me, ufficialmente sarei diventata “una di loro”. La loro gioia sembrava quasi più grande della mia e, dopo avermi promesso una grande festa per l’occasione, mi hanno richiesto di fare un discorso al momento.
Non sono una ragazza da public speaking, ma sentivo che era arrivato il momento di cogliere l’occasione e sfidare questa mia paura di parlare in pubblico, esprimendo tutti quei pensieri che avevo tenuto nella mia mente fino a quel momento, con lo scopo di regalare ai miei amici, presto concittadini, una prospettiva internazionale, una vista aperta al mondo, quella stessa che io stavo acquisendo grazie a questa esperienza interculturale.

“Il mio obiettivo è quello di dimostrare come un documento, un semplice pezzo di carta che attesti la mia cittadinanza, non sia in grado di cambiare la mia personalità ed il diritto che ho ad avere una possibilità in questo Paese. La cittadinanza Americana non mi renderà una persona più degna di vivere al mondo, più degna della libertà di esprimere la mia parola e di avere una speranza per un futuro perché queste opportunità dovrebbero essere aperte a tutti, in quanto cittadini del mondo! E l’America, Paese che promuove la democrazia e la parità di diritti, deve essere d’esempio nel dimostrare accettazione e tolleranza.
Credo nell’importanza di offrire la possibilità di vivere in un Paese democratico a ragazzi come me e come quelli provenienti dai 6 paesi sulla lista del “Muslim Ban” del Presidente Trump. E chiedo il vostro aiuto per dimostrare ai nostri amici, genitori, concittadini il valore di una società multiculturale e aperta alla diversità. L’entusiasmo che mi avete dimostrato oggi è segno del vostro amore verso la Nazione di cui siete parte, e quindi vi chiedo di condividere con me il desiderio di aprire questa comunità alla conoscenza del mondo che la circonda.”

Forse avrò fatto cambiare idea solo ad una piccola comunità nell’ angolo più remoto del Wisconsin, ma sento che la mia esperienza possa essere d’esempio a tutti quelli che vogliano, con determinazione, far cambiare l’idea che ciascuno di noi ha del ‘diverso’, del ‘foreign’.

Maria Carla

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