Ero costaricana anch'io

Alice

Da Padova in Costa Rica per un anno

Pioveva sempre a dirotto, così forte che quasi quasi avevo paura che il tetto mi cadesse in testa. È così, lì. Il tempo è pazzo. Piove, esce il sole, tira vento, cade la cenere. È matto, imprevedibile. Come i ticos.
La mia Costa Rica. Sono passati quasi 3 anni da quando l’ho salutata per tornare a casa. Ancora adesso mi basta chiudere gli occhi per tornare lì, nel mio angolino caldo del mondo.
Le prime cose che mi vengono alla mente sono spiagge paradisiache con la sabbia più bianca della neve, foreste tropicali e una miriade di animali colorati. Un Paese da cartolina, insomma.
No, è molto di più.
Il Costa Rica è l’allegria dei suoi abitanti, che urlano sempre e non si scottano mai. È il profumo del caffè appena filtrato e le note di salsa che suonano ad ogni angolo. Sono le divise colorate degli studenti e il rumore assordante degli autobus. Sono le bandiere, sempre spiegate a festa, e le vecchiette che ti seguono con lo sguardo e sorridono. Sono i tramonti che infiammano il cielo, le scimmiette dalla faccia bianca che ti rubano la frutta e le iguane verdissime che ti studiano come se fossi un alieno.

Ricordo perfettamente la prima chiamata che feci con mia mamma, poche ore dopo essere atterrata. Le raccontai che l’aria profumava, che il cielo era talmente azzurro e grande da sembrare dipinto, che i miei occhi si stavano riempiendo di centinaia di sfumature diverse, di colori che non pensavo nemmeno potessero esistere.

E ricordo anche il giorno più bello della mia vita, quando i miei due migliori amici mi hanno portata a camminare nella giungla in cerca di rettili. Avevo l’impressione di aver fatto un salto indietro nel tempo, e che un guerriero maya o azteco stesse per sbucare fuori.
Abbiamo raggiunto una cascata con una pozza d’acqua. Il caldo era allucinante, e ovviamente mi ci sono buttata subito dentro. Ho iniziato a galleggiare. Sopra di me, c’erano gli alberi che coprivano il cielo e le liane che arrivavano fino al fiume. La luce filtrava attraverso le foglie.
Stavo per piangere dalla felicità. Ero costaricana anch’io.
Vivendo in Costa Rica ho imparato tanto, davvero tanto. Più di quanto riesca a raccontare.
È stato meraviglioso vivere lì, trasformarmi in una studentessa costaricana. È stata un’esperienza che mi ha cambiata per sempre, in un certo senso potrei dire di essere nata di nuovo. Se potessi tornare indietro nel tempo, ci tornerei altre mille volte.

La prima cosa che mi hanno insegnato, quella fondamentale, è stato il Pura Vida.
Si usa come espressione di saluto, di ringraziamento, ma è molto di più: è un vero e proprio stile di vita. In Costa Rica sembra di vivere tutti in una grande famiglia. Non importa se non ti conoscono, avranno sempre un abbraccio, un sorriso o un caffè da offrirti. Vivono molto più rilassati, non hanno paura di lasciarsi andare, fanno le cose con calma, senza stress. Prendono la vita come viene e assaporano ogni singolo attimo. Ti contagiano. Nessuno è estraneo, sono sempre pronti a coinvolgerti in quello che fanno, che sia una partita di calcio o una bachata ballata per strada.
  • Alice con i suoi compagni di classe
  • Alice e i suoi fratelli ospitanti
  • Alice con la sua famiglia allo scoppio della pinata a Natale

Scatti della vita di Alice in Costa Rica

Dietro una mentalità che noi italiani definiremmo un po’ arretrata, sono capaci di insegnarti a rallentare, a goderti il gusto delle piccole cose, a vivere in semplicità. Per loro è più importante dare il tutto per tutto per la famiglia e gli amici, piuttosto che avere tante cose materiali.
Nessuno aveva una lavastoviglie, un aspirapolvere o una lavatrice. Le strade erano sempre piene di buche (alle volte vere e proprie voragini!) e il limite massimo era 40 chilometri all’ora.

E pensare che di cose di cui preoccuparsi ne avrebbero. Si tratta di uno Stato grande quanto la Svizzera, ma nel quale ci sono cinque vulcani e le scosse di terremoto sono molto frequenti. Anche se non causano quasi mai danni (le case sono antisismiche), ogni volta che la terra tremava, scappavo fuori spaventata. I bambini che giocavano in strada mi guardavano ridendo a crepapelle: per loro non era niente.

Tutte le preoccupazioni sembrano scivolare addosso al popolo della Costa Rica. Questo, alle volte, mi pesava: le promesse spesso non venivano mantenute, andavano in giro un po’ indifferenti al resto del mondo, aspettando che la grande occasione piombasse dal cielo, senza impegnarsi troppo.
La mia sensazione iniziale, vivendo lì, era di aver perso moltissime delle comodità che consideravo normali. Poi col tempo ho capito che in realtà avevo guadagnato la leggerezza nel vivere, avevo imparato a planare sopra le cose, senza lasciarmi trascinare giù quando qualcosa andava storto.

Il Pura Vida si riflette in tutti gli aspetti della vita in Costa Rica: dalla religione (considerano Dio e i santi quasi come degli zii lontani che verranno a pranzo la domenica) agli orari. Vige la regola dell’hora tica, per la quale è normale arrivare fino a un’ora e mezza in ritardo.
La loro filosofia è: perché affrettarsi, quando si possono fare le cose con calma?
I ticos (così si chiamano tra di loro i costaricani) hanno un fortissimo orgoglio nazionale, che forse è perfino aumentato quando per la prima volta nella storia la nazionale di calcio ha giocato i quarti di finale al mondiale. Quella giornata si è aggiunto alla lunga lista di feste assurde: c’è il giorno del contadino, della pianta, dei mancini, dei diavoletti, delle carrette, la messa del gallo… e così via.
Proprio così. La Costa Rica è un Paese assurdo, pieno di contraddizioni, ma bellissimo. Ti rapisce il cuore.
Anche perché diciamocelo, dopo aver fatto colazione con i pappagalli sulla finestra per un anno, come fai a dimenticartene?

Alice

Da Padova in Costa Rica per un anno

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