Il mondo da un'altra prospettiva
Filippo
Da Cremona in Cina per un'estate
D. Perché la Cina? Cosa ti ha spinto a sceglierla come destinazione?
R. Sono partito con una borsa di Intesa Sanpaolo. Avevo cercato su Google “borse di studio per l’Australia” ed è saltato fuori il bando per gli estivi con Intercultura. Nel bando c’era scritto che a causa dei limiti di età (all’epoca avevo già quasi 18 anni) potevo scegliere solo Cina o Argentina. Allora mi sono detto: “se devo sceglierne una, la scelgo tosta”. E così ho partcipato al bando, ho fatto il test alla Bocconi, poi a marzo è arrivato l’esito e solo in quel momento ho realizzato: “Ci vado davvero!”. Non sapevo niente della Cina, non avevo mai considerato di partire per questa destinazione. È stata un’esperienza fantastica.
D. Come ti sei trovato con la tua famiglia? Com’era composta? Com’erano i rapporti fra voi?
R.Famiglia ottima: ero un po’ preoccupato per la lingua, poi grazie alla formazione Intercultura mi sono rassicurato. La mia famiglia era un po’ anomala: i miei genitori ospitanti erano due ingegneri che parlavano bene inglese, il che inizialmente mi ha aiutato molto. Avevano un figlio di 14 anni con cui mi sono trovato abbastanza bene. La particolarità è stata costituita dal fatto che, qualche giorno dopo il mio arrivo, sono venuti a stare da noi alcuni parenti provenienti dal sud del Paese. Era una famiglia di agricoltori, il che mi ha permesso di vivere un’esperienza nell’esperienza: ho potuto constatare le grandi differenze culturali interne alla Cina. Del resto l’esperienza è un continuo rovesciamento di ruoli: sali sull’autobus, tutti ti guardano, nessuno si siede vicino a te, ma continuano a guardarti: se ci pensi, è un atteggiamento che abbiamo avuto tutti almeno una volta nella vita, ma solo adesso, dopo averlo provato sulla mia pelle, capisco come ci si sente. Mi hanno spiegato che Tianjin, pur coi suoi 13 milioni di abitanti, non è una città molto frequentata da turisti occidentali, ciononostante non ho avuto nessun problema in famiglia, che mi accompagnava sempre in giro per la metropoli (gli insegnanti si raccomandavano di non lasciarci mai andare da soli). Come ho già detto, loro parlavano inglese, ma erano un caso a parte, tant’è che anche il nonno parlava inglese – ho scoperto in seguito che era un docente universitario in pensione. Ho apprezzato l’esperienza anche per questo motivo.
D.Puoi descrivere la tua “giornata tipo”?
R.La giornata iniziava molto presto, alle 6.30. Facevo colazione abbondante (mamma, che si alzava inspiegabilmente alle 5, comprava la colazione giù in strada a base di melanzane e altre pietanze fritte, uova piccanti – buonissime!), poi mi accompagnavano a scuola, che durava dalle 9 alle 17, con pausa pranzo (che era fornito da un catering direttamente nelle aule). Il giorno di escursione lo trascorrevamo in giro per la città, all’acquario, al museo e addirittura in visita negli asili: ho apprezzato tantissimo vedere come i cinesi, fin da piccoli, apprendano l’importanza della disciplina, del rispetto e dell’ordine. Alle 16.30, era il momento della pulizia della scuola, che in Cina è compito degli studenti (faticoso ma educativo).
D.Quali sono le caratteristiche della società cinese e le abitudini dei cinesi che ti sono rimaste impresse? Come descriveresti in poche parole la cultura di questo Paese?
R.Le prime cose che racconto dei cinesi è che sono molto diffidenti all’inizio, però si aprono molto facilmente, soprattutto quando vedono che parli la loro lingua.
Allora accedi a un mondo che altrimenti è precluso ai più. Un’altra cosa che li caratterizza è l’avere una visione molto chiusa del mondo, i cinesi non sono curiosi verso l’estero, tutto il resto non conta e tendono a dividere il mondo in “chinese” e “western”. Nella testa della mia mamma ospitante io con mia madre parlavo inglese, l’esistenza dell’italiano non era contemplata. Nei tg preferiscono mandare in onda un servizio su un’azienda che produce lavatrici piuttosto che sull’ISIS. In questo ha un ruolo importante anche internet, con tutti i filtri a cui è soggetto in Cina: i cinesi lo sanno ma non gli interessa neanche, non gli interessa sapere cosa c’è “di là”.
D.Ti sei mai sentito “a casa” in Cina? Quando e perché è successo?
R.Sì. La prima settimana è stata un po’ complessa, con la sensazione del “chi me l’ha fatto fare”; invece le ultime tre settimane a casa sono state come se fossimo stati una famiglia, quasi la routine di un qualsiasi ragazzo cinese. Se fossi rimasto più a lungo e avessi imparato il cinese, le cose sarebbero migliorate ulteriormente, avrei interagito molto di più.
D.Che consiglio daresti ai ragazzi che hanno scelto il programma estivo in Cina per affrontare al meglio l’esperienza?
D.Che progetti hai per il tuo futuro?
Filippo
Da Cremona in Cina per un'estate