Imparare la difficile lingua ungherese
Beatrice
Da Monza e Brianza in Ungheria per un anno
Quando ho inserito le scelte per il mio programma di Intercultura, in realtà non avevo confini: avevo deciso di partire e qualsiasi meta mi avessero assegnato, sarebbe andata bene. Tra i programmi ho inserito l’Ungheria, anche se non ne sapevo ancora un granché - ma forse questo è il motivo che mi ha spinta a includerla nella lista.
La cosa che mi ha stupita di più della scuola ungherese è che hanno coro e squadre scolastiche e gli studenti prendono parte attiva alla vita scolastica. Sicuramente frequentare una classe di ungheresi è stato complicato, ma estremamente positivo e interessante, soprattutto per il fatto che, una volta imparata la loro lingua, sia stata in grado di confrontare le nostre culture e scambiare opinioni su qualsiasi tema.
L’Ungheria ha avuto un passato molto turbolento, soprattutto a causa di Austria e URSS. I segni della loro sofferenza sono riportati nel loro inno nazionale in primis, e poi nelle miriadi di giornate commemorative e monumenti che riempiono le piazze e i parchi di paesi e città. Sono talmente tanto legati alla loro patria e alla loro storia che anche nelle scuole si canta l’inno ad ogni ricorrenza, si indossa l’uniforme scolastica e si preparano discorsi per non dimenticare i fatti accaduti nel passato, al contrario di noi italiani che siamo invece più legati alla nostra storia che al nostro Paese. Perciò il loro comportamento mi ha stupita. Anche il modo in cui cantano l’inno, come gli venga dal cuore, dimostra il loro attaccamento. In poche parole, sono il popolo più piccolo ma più patriota che abbia mai incontrato ma di cui ormai mi sento parte.
Anche gli episodi più negativi poi si sono rivelati utili per capire molte cose e per crescere e formare quella ragazza aperta, indipendente e comprensiva che sono oggi grazie all’Ungheria.
Mi sono sentita davvero a casa quando ho cambiato famiglia dopo una serie di episodi negativi con la prima famiglia. La seconda famiglia mi faceva sentire a casa, non mi faceva sentire alcuna differenza tra me e i miei fratelli ospitanti, come se fossi stata davvero una loro figlia. Quando sono tornata a trovarli dopo qualche mese, Judi, la nostra cagnolona, mi è saltata addosso e fatto le feste per mezz’ora – anche questo mi ha fatto sentire davvero parte della loro famiglia!
La mia esperienza nel complesso è stata positiva, anche gli episodi più negativi poi si sono rivelati utili per capire molte cose e per crescere e formare quella ragazza aperta, indipendente e comprensiva che sono oggi grazie all’Ungheria. A chi vuole partire consiglierei sicuramente di buttarsi, di non avere paura del diverso e della lingua sconosciuta: si impara stando là. Gli ungheresi, quando iniziano a conoscerti, ti danno il cuore - devi solo guadagnarti la loro fiducia. Imparate la loro storia, condividete i loro sentimenti patriottici e mangiate del buonissimo cibo ungherese.
Beatrice
Da Monza e Brianza in Ungheria per un anno