Quattro giorni in Amazzonia

Marta

Da Rimini in Colombia per un anno

Dia 1

L’Amazzonia è una di quelle mete che chiunque vorrebbe visitare almeno una volta nella vita. Su di essa si legge nei libri, si vedono foto nelle riviste, ma è molto difficile avere l’occasione di ascoltare racconti diretti. È un luogo misterioso e affascinante, troppo lontano e troppo “al limite” per poter andare a visitarlo.

Poi, un giorno, di colpo ci si rende conto che si è su un aereo e che sotto di sé ci sono solo alberi: una distesa di verde di cui non si vede la fine. È uno spettacolo che lascia senza parole e che produce adrenalina come pochi: finalmente si è al confine del mondo in quel luogo dove la natura ha ancora il predominio sull’uomo. Il calore è la prima sensazione che si prova una volta scesi dall’aereo, è qualcosa di soffocante che non lascia respirare, che si attacca alla pelle e fà sudare come non mai: benvenuti all’equatore!

La prima cosa che abbiamo visto, però non aveva molto a che fare con il selvaggio, era il nostro hotel da sogno: casette in legno con terrazza munita di amaca con vista su un’enorme piscina dove ci aspettavano i nostri compagni di avventura, già a mollo nell’acqua. Il riposo non è durato molto perché ci siamo diretti subito alla frontiera, il nostro arrivo in Brasile era vicino.
Il calore è la prima sensazione che si prova una volta scesi dall’aereo, è qualcosa di soffocante che non lascia respirare, che si attacca alla pelle e fà sudare come non mai: benvenuti all’equatore!

Leticia è il capoluogo della regione ‘Amazonas’ e anche il punto di partenza colombiano per qualsiasi tour in questa zona. È povera, ci sono pochissime macchine in circolazione, la maggioranza delle vie non sono pavimentate e in generale tutte le costruzioni sono molto vecchie. È una città che vive di commercio, turismo e pesca, totalmente isolata dal mondo poiché è possibile raggiungerla solo in barca e in aereo. La vita è calma, più che nel resto del Paese, se ciò è possibile, e l’amaca sotto il portico di ogni casa è sempre occupata da qualcuno intento a riposare.

Se non fosse per un cartello con la scritta “biem vindos ao Brasil”, non ci si renderebbe nemmeno conto di aver passato la frontiera. Tabatinga e Leticia sono infatti praticamente unite e non è chiaro dove finisca una e inizi l’altra, però di colpo cambia la lingua parlata dalla gente e nei negozi. In Brasile siamo entrati nella “casa del cioccolato” che, a differenza delle nostre aspettative, era semplicemente un negozio di cibi tipici tra cui appunto un cioccolato squisito e l’alcolico tipico che si chiama cachaca, con il quale si fa la caipirinha originale.

Il cielo era tinto di arancione per l’avvicinarsi del tramonto e finalmente iniziava a tirare un lieve venticello. Il Rio è sbucato di colpo in tutta la sua maestosità, sembra più un mare o un lago che un fiume. Sull’acqua piatta, senza nessuna onda, si muovevano adagio alcune canoe. Tutti stanchi e provati dalla lunga giornata non smettevamo di sorridere estasiati: a 17 anni eravamo arrivati da soli nel polmone del mondo, lontano da ogni civiltà per vivere un’avventura che mai avremmo potuto dimenticare.
Il Rio è sbucato di colpo in tutta la sua maestosità, sembra più un mare o un lago che un fiume

Finita la sessione di foto, ci siamo diretti al museo etnografico, dove di fianco c’era un giardinetto dove alcune bambine stavano giocando. Con Lauranne e Claudia ci siamo avvicinate, abbiamo giocato con loro e visto i loro sorrisi estasiati di fronte alle nostre macchine fotografiche. La vanità femminile ovviamente risiede in ogni bambina e in ogni donna, di qualsiasi parte del mondo sia, per questo hanno cominciato a sfilare contente di poter attirare l’attenzione e poter essere fotografate. Si sono presentate e una di loro, la più piccola, si chiamava Marta: avrei potuto essere io. Che cosa sarebbe successo se fossi nata qua? Avrei giocato scalza per le strade, avrei imparato il nome di mille animali e i segreti della natura, avrei dormito in una baracca con il tetto di lamiera, forse non sarei mai salita su un aereo né visto la capitale del mio Paese… Non so se sarebbe stato meglio o peggio, però sicuramente ci si rende conto di quanto il luogo dove si nasce incida sulla propria vita.

Il museo è servito per capire finalmente dove eravamo capitati, parlare di utensili in pietra, corone di piume, di archi e frecce riferendosi all’attualità e non al passato è affascinante e sconcertante allo stesso tempo. Usciti dal museo già aveva fatto buio e la nostra attenzione è stata chiamata da un cinguettio impressionante. Tutti gli alberi erano ricoperti da loros silvestres, il loro verso era talmente forte da dover urlare per poter parlare con il vicino.
Tutti stanchi e provati dalla lunga giornata non smettevamo di sorridere estasiati: a 17 anni eravamo arrivati da soli nel polmone del mondo, lontano da ogni civiltà per vivere un’avventura che mai avremmo potuto dimenticare

Il ritorno all’hotel è stato a bordo di un moto-taxi guidato da una ragazza molto interessata ai nostri Paesi e la serata ci siamo confrontati sulle esperienze che abbiamo vissuto in questi ultimi mesi. Ben presto ci siamo resi conto della fortuna che abbiano a Popayan, dove possiamo uscire molto, abbiamo un gruppo di volontari molto attivo e ci siamo uniti tanto tra di noi. Ognuno ha qualcosa da raccontare e ciascuno sta vivendo un’esperienza tutta sua.

Dia 2

Finalmente il secondo giorno abbiamo avuto l’opportunità di stare in contatto con indigeni anche se in questa prima occasione il tutto era abbastanza turistico. In barca siamo arrivati nella comunità di Macedonia dove in una maloca (costruzione enorme di legno e foglie di palma secche dove anticamente si riuniva tutto il villaggio per mangiare e condividere i riti religiosi) abbiamo assistito e partecipato a una danza locale. Alcune anziane e giovani indossavano gli abiti tradizionali fatti di corteccia stirata (per realizzarla la si tampona con una pietra). Dopodiché la maestra del villaggio ha provato senza molto successo a insegnarci alcune parole nella complicatissima lingua Tikuna.
La sensazione che si vive è unica, in quell’acqua ci si sente parte della natura, lontani dai grandi magazzini, dai problemi, dagli affanni, dalle difficoltà. Ci si sente parte dell’universo stesso

Non lontano da Macedonia si trova Puerto Nariño, il villaggio che ci ha ospitato per due giorni. Lasciati i bagagli in un hotel ben differente dal precedente, ci siamo addentrati nella selva dove un signore ci ha mostrato il suo ‘allevamento’ di caimani e dove ci hanno fatto prendere in braccio una scimmietta notturna. La natura è impressionante anche per una ragazza come me alla quale non ha mai richiamato l’attenzione eccessivamente. Ho camminato in molti boschi, ma mai mi sono imbattuta in un verde del genere, in alberi tanto grandi, in foglie così particolari.

La ciliegina sulla torta è arrivata al tramonto quando ci siamo fermati con la barca in un lago dove l’acqua era molto limpida. Ci hanno invitato a osservare con attenzione e dopo alcuni minuti abbiamo potuto scorgere il dorso di alcuni delfini rosati fuoriuscire dall’acqua. Come poter far diventare il momento assolutamente perfetto? Facendo il bagno! Le ragazze con il ciclo sono rimaste sulla barca per la presenza di piraña, mentre tutti gli altri hanno potuto fare la fantastica esperienza di fare il bagno nel Rio delle Amazzoni. La sensazione che si vive è unica, in quell’acqua ci si sente parte della natura, lontani dai grandi magazzini, dai problemi, dagli affanni, dalle difficoltà. Ci si sente parte dell’universo stesso.
Lontani dalle grandi città e con la vegetazione talmente fitta che non filtra né la luce delle stelle né quella della luna si può provare davvero l’esperienza dell’oscurità totale

Di notte ci è stata proposta un’escursione nella selva, solo in pochi abbiamo partecipato e ciò l’ha resa un’esperienza unica. Abbiamo visto rane e tarantole di varie dimensioni ma due cose mi hanno impressionato soprattutto: i versi degli animali e il buio. Lontani dalle grandi città e con la vegetazione talmente fitta che non filtra né la luce delle stelle né quella della luna si può provare davvero l’esperienza dell’oscurità totale.

Dia tre

L’incontro più decisivo di questo viaggio è avvenuto in un paesino minuscolo, costituito da una ventina di baracche di legno, senza elettrodomestici, senza letti, senza pavimento, senza porte né finestre. Sono sempre stata convinta del fatto che i luoghi meno turistici sono quelli più veri e lì non vedevano un bianco da molto tempo. Siamo passati per le ‘case’ proponendo ai bambini di giocare insieme, da ogni abitazione ne uscivano 4-5, tutti scalzi con vestiti non della taglia corretta. Gli adulti ci guardavano stupiti sorridendo, muovevano le mani in segno di saluto.

In breve tempo avevamo messo insieme un gruppo di più di cinquanta bambini e abbiamo iniziato a giocare, abbiamo cominciato con alcune attività in gruppo ma poi, come sempre succede in Colombia, il tutto è degenerato in un’enorme partita di calcio tutti contro tutti. Nella confusione generale due bambine se ne stavano sedute al lato del campo osservando senza partecipare. Mi sono avvicinata per invitarle a unirsi al gruppo, ma mi è bastata una frase pronunciata dalla maggiore per capire la ragione per la quale non stavano giocando: “non posso, lei è mia sorella”.
La cosa sconvolgente di visitare l’Amazzonia è che, anche se si arriva con un’aspettativa altissima, si ritorna incantati da quel verde onnipresente e sicuri di poter affermare che è stato il più bel viaggio della propria vita

Stava indicando la bambina color caffè dai fitti ricci marroni che le stava seduta di fianco fissando il vuoto sentendosi in colpa perché a causa sua che non sapeva camminare bene la sorella di 4-5 anni non potesse partecipare. Penso che prenderla in braccio dando ha tutte e due l’occasione per divertirsi sarebbe venuto naturale a chiunque, però lì non era qualcosa di scontato: l’espressione della sorella era di totale gratitudine e le altre bambine mi fissavano meravigliate. Mi si è stretta alla maglia e sorrideva contenta di poter partecipare ai giochi "dei grandi".

Il momento più significativo è stato quando abbiamo distribuito alcuni lecca-lecca come premio. In Europa i bambini avrebbero cominciato a urlare sguaiati pretendendo il gusto preferito. Lá un lecca-lecca non si riceve tutti i giorni, è un regalo speciale. Tutti eravamo sbalorditi nel vederli formare una fila ordinata, aspettare il proprio turno in silenzio, ricevere il dolce senza preoccuparsi del colore o gusto e mangiarlo contenti.

La saggia della tribù tikuna ci ha invitato a dare il meglio di noi e ad apprendere il più possibile, non tanto per mezzo dei libri più che altro attraverso le esperienze che si vivonoSalita sulla barca per lasciare il paese, la guida mi si è avvicinata e mi ha ringraziato da parte della mamma della bambina e vedendo la mia faccia stupita mi ha spiegato che era la prima volta che era stata presa in braccio da un bianco. Non c’è niente da aggiungere: quegli occhioni neri mi resteranno sempre impressi nella mente, come la fitta al cuore che ho provato nel doverla salutare.

L’altro incontro che mi ha toccato nel profondo è avvenuto il pomeriggio in una maloca in mezzo alla giungla. Dopo aver mangiato degli ottimi piraña grigliati, abbiamo partecipato a delle danze locali con alcuni anziani della tribù tikuna e abbiamo conosciuto la saggia della comunità. Ha una personalità talmente forte e spiccata che non si può non rimanerne affascinati, la conoscenza che ha assimilato nel passare degli anni è tangibile. Ci ha invitato a dare il meglio di noi e ad apprendere il più possibile, non tanto per mezzo dei libri più che altro attraverso le esperienze che si vivono, in particolare ci ha indicato la natura come prima maestra dalla quale ricevere insegnamenti.
La guida mi ha ringraziato da parte della mamma della bambina e vedendo la mia faccia stupita mi ha spiegato che era la prima volta che era stata presa in braccio da un bianco: quegli occhioni neri mi resteranno sempre impressi nella mente

Prima di andare, ha sottoposto tutte le ragazze ad un rituale tradizionale. Dovevamo aspettarla a occhi chiusi e lei passava da ognuna per dare la benedizione. La forza ed energia che trasmette è impressionante, sia le credenti che le non credenti sono rimaste sbalordite e ci siamo a lunghe confrontate sulle sensazioni provate.

Dia 4

Dopo quattro giorni ricchi di esperienze meravigliose ma con il ritmo super accelerato, eravamo stanchi morti. Il regalo migliore che ci potessero fare era darci un giorno di totale vacanza o quasi in Perù, nel luogo più meraviglioso che abbia mai visto. Era un hotel in legno sulla riva di un piccolo lago in mezzo alla selva con un molo pieno di amache e castori che nuotavano attorno.
Mi sono detta che, dopo essere riuscita ad arrivare da sola fino alla Colombia, ora potevo fare di tuttoIo e Elli ci siamo trasformate nelle eroine del giorno soccorrendo Lauranne, Evelien e Delphine cadute in acqua durante l’escursione in kayak; il fatto si è ovviamente trasformato nell’aneddoto divertente del viaggio. Il pomeriggio invece ho potuto mettere alla prova me stessa: ho deciso di scalare l’albero più alto della foresta amazzonica. Mi sono detta che, dopo essere riuscita ad arrivare da sola fino alla Colombia, ora potevo fare di tutto quindi quando hanno chiesto a chi avrebbe fatto piacere iniziare e mi sono buttata. Arrivare per prima in cima mi ha offerto uno spettacolo meraviglioso arricchito dalla presenza di un gruppo di scimmie intente a saltare da una fronda all’altra. Dopodiché, senza paura, sono passata da una riva all’altra del lago facendo canopy: ora posso dire davvero di averle fatte tutte!

La cosa sconvolgente di visitare l’amazzonia è che, anche se si arriva con un’aspettativa altissima, si ritorna incantati da quel verde onnipresente e sicuri di poter affermare che è stato il più bel viaggio della propria vita.

Marta

Da Rimini in Colombia per un anno

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