Restare fermi è pericoloso

Michele

Papà ospitante di Aom, dalla Thailandia Venezia per un anno

Mia figlia va per un anno a Salt Lake City negli USA. Che esperienza vivrà? Niente di meglio per capirlo di ospitare Aom, studente thailandese, accolto a Fiesso d’Artico, nel veneziano, per un pari periodo.

Ricordo bene quel giorno che Giada è arrivata da scuola con questa novità. Intercultura, un anno all’estero, mai sentito! Naturalmente ne abbiamo parlato, ci siamo subito informati su internet e vista la sua convinzione abbiamo cominciato con il primo incontro. C’erano tre ragazzi ospiti da meno di due mesi, una dall’Alaska, una cinese e un russo che si presentano in italiano. Ma come, sono in Italia da così poco e già parlano in italiano? E ci dicono che è normale. Da li partono i vari incontri, le selezioni, l’attesa di sapere se partirà e nel frattempo ci chiedono se vogliamo ospitare per un pari periodo.

Inizialmente non eravamo propensi ad ospitare, ci sembrava già tanto avere la figlia all’estero per un anno, ma poi ci siamo posti delle domande. Che esperienza vivrà Giada? Che difficoltà dovrà superare, come sarà vivere in una famiglia di sconosciuti, una nuova scuola, nuove amicizie in un paese con una lingua sconosciuta? E allora, niente di meglio, per avere queste risposte, che ospitare anche noi. E così Aom arriva il 5 settembre, tre giorni prima della partenza di Giada.

I primi tre giorni praticamente non l’abbiamo mai visto perché c’era solo Giada e le sue amiche e amici, Venezia da scoprire immediatamente, la sera alla festa paesana e a casa solo a dormire. Poi è partita e noi con il nostro inglese scolastico e ringraziando Google Translator abbiamo cominciato un lento, ma inarrestabile percorso di conoscenza, con una continua contaminazione della nostra e sua cultura, abitudini, modo di essere.

Che esperienza vivrà Giada? Che difficoltà dovrà superare, come sarà vivere in una famiglia di sconosciuti, una nuova scuola, nuove amicizie in un paese con una lingua sconosciuta? E allora, niente di meglio, per avere queste risposte, che ospitare anche noi.

Lui, che è buddista, ha accettato di partecipare, a Natale, alla rappresentazione del presepio vivente in parrocchia. Abbiamo imparato che i Thailandesi sorridono sempre, non alzano mai la voce, non hanno mai fretta (forte quella volta che in ritardo per un appuntamento l’ho mandato dalla sua mamma a dirgli in dialetto nostro “date na mossa“ (sbrigati) e lui non ha capito perché facevo fretta). Nostro figlio maggiore, Simone, fa il cuoco e forse per questo ci siamo sorpresi a scoprire che Aom è bravo in cucina a preparare i suoi piatti tipici, ha anche scoperto un negozio che vende cibo thai e quello che non è riuscito a trovare se l’è fatto mandare dai suoi genitori. La conversazione a tavola non riguarda più le piccole cronache di ogni giorno, praticamente la tv non viene più accesa; gli argomenti si arricchiscono di testimonianze del suo e nostro Paese, si decide tutti insieme cosa fare nel week end, organizzare l’ospitalità per qualche suo amico/a da far venire a visitare Venezia, decidere insieme cosa cucinare per il giorno dopo, ci ha rivoluzionato le abitudini a tavola. A tutti gli effetti è il nostro terzo figlio e i nostri parenti lo considerano tale, tanto che per il suo compleanno tutti gli hanno fatto un regalo.

Sicuramente la sua presenza ci ha aiutato molto nell’affrontare l’assenza per un periodo così lungo di Giada. L’impegno per lui ci ha totalmente riempito le giornate che a volte quasi ti dimentichi di avere Giada a 10'000 chilometri da casa e quando abbiamo contatti tramite Skype o WhatsApp con lei capiamo davvero cosa sia un anno all’estero con Intercultura. I volontari ci hanno detto che i ragazzi all’estero torneranno con una marcia in più rispetto ai loro coetanei e noi genitori, grazie all'esperienza di ospitalità, stiamo viaggiando nel mondo rimanendo a casa.

A tutti gli effetti è il nostro terzo figlio e i nostri parenti lo considerano tale

Il tempo sta correndo velocemente, sempre più veloce; man mano che si avvicina il momento del ritorno a casa dei rispettivi figli, noi coinvolgiamo Aom in qualsiasi attività della famiglia. Giada ci “rinfaccia “di portarlo continuamente in giro per l’Italia (per fortuna anche la sua famiglia americana fa lo stesso), ma noi lo facciamo perché, oltre che conoscere il nostro paese e la nostra cultura, è un modo per restare di più insieme. Con intercultura abbiamo imparato che, anche se di culture diverse, si può vivere insieme, e insieme superare qualsiasi difficoltà con occhi nuovi.

Ho letto recentemente una frase che secondo me riassume tutto: "iniziare un nuovo cammino spaventa; ma dopo ogni passo che percorriamo, ci rendiamo conto di come era pericoloso rimanere fermi"

Michele

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