Villarica, la mia nuova città del cuore
Sara
Da Montebelluna in Paraguay per un anno
Villarrica è l'odore dello zucchero nell'aria, il profumo dei manghi maturi che cadono dagli alberi e l'aroma del Natale, che uno non si accorge quando smette di annusare in giro per tentare di captarne il minimo sentore e comincia a farlo notare (con aria di chi l'ha inventato lui il Natale) a tutti quelli che gli capitano a tiro.
Villarrica è le strade di sabbia rossa: di quella che ti si infila dentro le scarpe anche se sono ben strette e non si sa bene per quale legge fisica riesce a superare anche i calzini.
E' il Carnevale, i balli e la musica; è i festeggiamenti che costano un occhio della testa e la taccagneria più spudorata che abbia mai conosciuto.
In Paraguay si dice che a Villarrica si fa tutto al contrario: le porte si aprono al rovescio, le persone si comportano all'opposto di quello che pensano. Questa non l'ho ancora capita bene nemmeno io, ma fa comodo se qualcuno ti dice qualcosa di sgradevole perché puoi sempre pensare che ti sta facendo un complimento!
A Villarrica, tutti conoscono tutti: se che il cugino della ragazza del nipote ha avuto una tresca con l'amica del fratello dello zio, stai certo che lo saprà chiunque prima ancora che lo sappia lui.
In Paraguay il tempo perde di significato: "tra poco vengo" preannuncia un'attesa minima di due ore.
Qui tutti hanno almeno un paio di nomi e due cognomi, ma li si conosce per nomignoli di cui, per la maggior parte delle volte, nessuno sa spiegarti l'origine.
Tutto è calore: quello di dicembre e del Capodanno passato in shorts e quello delle persone che ti salutano sempre con due baci e un "ciao, come stai?" (chiederti come ti va fa rigorosamente parte della formula). Non si aspettano nemmeno una risposta: che stai bene è sottointeso...Sei in Paraguay, e in Paraguay la vita non si vive, si "disfruta".
Sei in Paraguay, e in Paraguay la vita non si vive, si "disfruta".
Mi ricordo che qualche mese fa ero seduta su una sedia a dondolo e il vento caldo mi spingeva avanti e indietro, producendo un sinistro scricchiolio di ferro vecchio in sottofondo. Probabilmente era la conseguenza di un principio di insolazione, ma ho avuto la sensazione che il Paraguay stesse respirando e con qualche fantomatico soffio tirando fuori da me tutto quello che ero, riempiendomi con qualcosa di nuovo, rendendomi qualcuno di nuovo.
Sì...Dovrei cominciare a portare un cappello.
Sara
Da Montebelluna in Paraguay per un anno