L'identikit della famiglia ideale

Chiara

mamma di Agnese ed Emma e mamma pluriospitante di Intercultura a Rimini

Emozione e scoperta sono le due parole che descrivono appieno la nostra esperienza di famiglia ospitante. Una gamma di emozioni infinita,che non si esaurisce con il finire dell’ospitalità, la scoperta di modi diversi di vivere e la riscoperta della nostra quotidinanità familiare e della nostra socialità da un punto di vista ogni volta differente.

Abbiamo sperimentato il fatto che espressioni e modi che avevamo sempre ritenuto basilari e semplici, come manifestare gioia, tristezza e buone maniere, non sono universali. Ad esempio, non puoi dire “Vieni a trovarci quando vuoi” ad un ragazzo del nord Europa, se davvero non è letteralmente ciò che vuoi, perchè poi ci resterà molto male se qualche volta gli dirai di no. Oppure non chiedere ad un orientale di sbilanciarsi nella valutazione di un luogo o di un’esperienza: il suo modo di manifestare le emozioni è molto discreto e spesso, per noi italiani, di difficile lettura, ma non significa che sia meno intenso. Ma andiamo con ordine.

Abbiamo sperimentato il fatto che espressioni e modi che avevamo sempre ritenuto basilari e semplici, come manifestare gioia, tristezza e buone maniere, non sono universali.
La nostra esperienza con Intercultura è partita proprio con l’ospitalità: sembra passato tanto tempo, ma in realtà era solo ottobre 2020 quando abbiamo deciso, durante un viaggio in auto, in piena pandemia, di compilare il fascicolo per le famiglie ospitanti sul sito Intercultura. E poi a dicembre la telefonata delle responsabile ospitalità del centro locale di Rimini, Simonetta, ci ha annunciato che c’era una ragazza danese che era in cerca di una famiglia, per un’esperienza annuale da gennaio a novembre. All’inizio, dobbiamo ammetterlo, 10 mesi con una totale estranea in casa ci sembravano tanti, e inoltre temevamo che il paese in cui abitiamo, piccolo e dislocato, potesse rappresentare un limite, ma il desiderio di provare questa nuova esperienza, questa idea di portarsi un pezzetto di mondo in casa, specialmente in un momento in cui i confini erano così ristretti dalla pandemia, ci ha spinto ad accettare.

All’inizio, dobbiamo ammetterlo, 10 mesi con una totale estranea in casa ci sembravano tanti, e inoltre temevamo che il paese in cui abitiamo, piccolo e dislocato, potesse rappresentare un limite.
E così a gennaio è arrivata Eva, una danese a dir poco esplosiva! Durante il viaggio dall’aeroporto ha chiacchierato ininterrottamente per un’ora e mezzo e da lì non si è più fermata: ha creato gruppi di amici ovunque, si è aperta a mille esperienze nuove. Lo studio ha rappresentato uno scoglio duro: poco dopo il suo arrivo abbiamo capito che Eva soffriva di una forma di dislessia importante, non diagnosticata, che le rendeva difficile scrivere e leggere. Inoltre era la prima studente exchange che era ospitata nella sua scuola, perciò era tutto nuovo anche per gli insegnanti. Insieme, però, prima di cena, si dedicava un po’ di tempo allo studio e alla preparazione dei compiti e alla fine, insieme, ce l’abbiamo fatta a superare la terza e ad iscriverla alla quarta. La scuola ha apprezzato l’esperienza e così ha aperto le porte ad altri studenti Intercultura. È stato bellissimo vedere fiorire e maturare Eva nel periodo in cui è stata con noi, parlare con lei del suo futuro, esattamente come facciamo con le nostre ragazze, condividere i momenti di shopping e di viaggio, così come la vita quotidiana e le sgridate per costringerla a tenere in ordine la stanza.

È stato bellissimo vedere fiorire e maturare Eva nel periodo in cui è stata con noi, parlare con lei del suo futuro, esattamente come facciamo con le nostre ragazze
Una parentesi “interculturale” su questo: dopo parecchie discussioni sul tema ‘ordine’ abbiamo capito che in Danimarca le stanze da letto sono minimali e spesso non prevedono un armadio, ma solo una cassettiera: è quindi piuttosto normale che i vestiti siano appoggiati un po’ ovunque, specialmente in camera dei ragazzi.Spiegare ad Eva che libri, vestiti e altro andavano riposti con ordine è stata una sfida!

Nel frattempo, nostra figlia Agnese è partita per la Danimarca e si è liberato un posto letto: insieme ad Eva, dunque, è arrivata Karmen, una ragazza turca, celiaca come nostra figlia. E’ venuto perciò naturale dire di sì ad una seconda ospitalità. Con Eva era stato tutto piuttosto semplice e lineare, quindi, “perchè no?” ci siamo detti. Con Karmen abbiamo capito che le ospitalità non sono tutte uguali! Il viaggio dall’aeroporto è stato silenzioso e pieno di pianti, Karmen voleva tornare a casa, subito. Eva e Intercultura ci hanno aiutato a trovare un canale di comunicazione con questa adolescente complicata, ma purtroppo, dopo poco più di un mese, fatto di tante chiacchierate serali, Karmen è tornata a casa. Ci è dispiaciuto, ci siamo messi in discussione e ci siamo domandati se avessimo fatto il possibile, ma alla fine abbiamo capito che affrontare un anno all’estero, semplicemente, non è per tutti. Sulla carta è entusiasmante, ma poi arriva il momento di partire davvero e, se non si ha la maturità giusta, l’esperienza rischia di fallire.

Con Karmen abbiamo capito che le ospitalità non sono tutte uguali!
Dopo qualche mese, l’attivissima volontaria Simonetta, ci ha ricontattato, per chiederci se eravamo disponibili ad accogliere una ragazza tailandese che arrivava da un altro centro locale. Eravamo pronti ad ospitare di nuovo? Davvero? Alla fine abbiamo rotto gli indugi e abbiamo aperto di nuovo la nostra casa, questa volta alla cultura orientale, che si è rivelata complessa e affascinanate.

Chanyapat, in famiglia Charmmy, è arrivata a gennaio
: è scesa dal treno con sguardo un po’ perso, due enormi valigie e tanti peluche. Silenziosa e seria. Una ragazza che si è lasciata conoscere lentamente, aprendosi ogni giorno di più, ben consapevole delle criticità sociali che affliggono il suo Paese e convinta di essere una privilegiata per aver potuto sperimentare la vita in occidente. Solitaria quanto affettuosa: gli abbracci forti e improvvisi di Chammy e le sue curiose storie di vita tailandese, iniziati in punta di piedi dopo un paio di mesi insieme a noi, ci sono rimasti nel cuore.

Solitaria quanto affettuosa: gli abbracci forti e improvvisi di Chammy e le sue curiose storie di vita tailandese, iniziati in punta di piedi dopo un paio di mesi insieme a noi, ci sono rimasti nel cuore.
Insomma, in base alla nostra esperienza non c’è l’identikit della famiglia ospitante ideale: non c’è una famiglia giusta e una sbagliata, non ci sono luoghi non adatti e non c’è neanche una ricetta che funzioni sempre. Tutti possono farlo, basta aprire la porta al nuovo e non dare nulla per scontato.

Insomma, in base alla nostra esperienza non c’è l’identikit della famiglia ospitante ideale: non c’è una famiglia giusta e una sbagliata, non ci sono luoghi non adatti e non c’è neanche una ricetta che funzioni sempre.


Essere famiglia ospitante con Intercultura vuol dire condividere le proprie giornate e la propria cultura, sospendere ogni giudizio e stupirsi ogni giorno, confrontarsi e condividere la propria esperienza con altre famiglie, allacciare nuove amicizie e, alla fine, sentire di non avere più un ospite, ma, semplicemente, un figlio in più che ti porterà nel cuore per tutta la vita e tante, tantissime storie da raccontare e condividere.

Essere famiglia ospitante con Intercultura vuol dire condividere le proprie giornate e la propria cultura, sospendere ogni giudizio e stupirsi ogni giorno, confrontarsi e condividere la propria esperienza con altre famiglie, allacciare nuove amicizie e, alla fine, sentire di non avere più un ospite, ma, semplicemente, un figlio in più che ti porterà nel cuore per tutta la vita e tante, tantissime storie da raccontare e condividere.
Chiara, Luca, Emma, Agnese

Chiara

mamma di Agnese ed Emma e mamma pluriospitante di Intercultura a Rimini

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