Non comprendi di essere in un Paese finchè non ci vivi
Asia
Da Verona in Ungheria per un anno
I primi giorni sono davvero strani, ti trovi in una famiglia che non è la tua e la città è completamente da scoprire, la lingua non ne parliamo.
Sembra quasi di essere in vacanza, ma con l'andare dei giorni ti rendi conto che non è una vacanza. Tu stai vivendo qui.
Il primo giorno di scuola è stato ambiguo.
Ero emozionata e nervosa allo stesso tempo. In questo giorno si indossa la divisa e per i nuovi arrivati, compresa me, s'indossa gonna nera e camicia bianca per le ragazze, e pantaloni neri e camicia bianca i ragazzi. Abbiamo avuto la cerimonia iniziale, dove il preside ha fatto un discorso di cui non ho compreso una singola parola! Quando mi ha presentato di fronte a tutto l'istituto, però, l'ho capito alla grande! Avevo circa 1000 persone che mi guardavano come fossi un'aliena.
Dopo di che siamo andati in aula, mi sono presentata ai miei nuovi compagni in ungherese e subito sono stati carinissimi con me, senza mai ridere alle imperfezioni dell'accento.
Qui il rapporto professori-studenti è ben diverso dall'Italia. Sono più liberi di parlare e di comprendersi a vicenda, mantenendo il rispetto reciproco.
Inoltre, gli studenti vanno a scuola perché vogliono realizzarsi come persone e non perché costretti!
Ci sono tanti particolari differenti dall'Italia (non solo a scuola), alcuni mi fanno mancare il mio Paese d'origine, altri, mi fanno amare sempre più questo fantastico Paese che è l'Ungheria!
La lingua non è difficile... è solo INCOMPRENSIBILE!
Ma mi sento molto realizzata perché in soli 20 giorni riesco a estrapolare qualche parola di un discorso o a rispondere a domande semplici.
La mia famiglia è speciale.
Ho due sorelle e un fratello con i quali posso parlare di qualsiasi cosa, con “Anya” (mamma) abbiamo riempito la cucina di post-it per farmi imparare i nomi delle cose.
Ora ho già molti amici, non solo exchange student, ma anche compagni di classe che cercano in ogni modo di farmi sentire a mio agio a scuola. Qui, infatti, la prima lingua dopo l'ungherese non è l'inglese ma il tedesco.
A scuola faccio Etica, una nuova materia persino per i miei compagni. Non ci capisco nulla! Perché la spiegazione e il libro sono in ungherese..
Alcuni insegnanti, però, sono così disponibili che finiscono la lezione dieci minuti prima del suono della campana e mi spiegano in inglese la lezione e gli appunti che ho preso.
Mi piace essere qui, alla scoperta di questo Paese così poco conosciuto.
Certo, alle volte penso “Cosa starei facendo ora in Italia?”, mi mancano piccole cose che hanno acquisito valore solo dopo la mia partenza; cibi, modi di fare, di dire. Ma poi penso che se fossi di nuovo lì, mi mancherebbero questi cibi, modi di dire e di fare.
Amo prendere l'autobus per il semplice gusto di osservare le anziane che vanno a fare la spesa con il cesto in mano e il foulard in testa, amo camminare per la città e sentire il profumo del pane al cacao che solo qui fanno e amo tornare a casa e poter ogni giorno capire qualche parola in più.
Qui non si è turisti, qui si diventa cittadini.
Solo ora capisco che per vedere il mondo non bisogna solo “viaggiarlo”, bisogna viverlo.
Mi sono completamente immersa in questo nuovo mondo nel quale il semaforo diventa giallo e poi verde e non il contrario, nel quale non si usa il tovagliolo a tavola e dove tutti pagano il biglietto dell'autobus senza bisogno di un controllore, dove la temperatura mattutina è di 8°C il 10 settembre!
A tutti quelli che rifiutano di inserire l'Ungheria fra le destinazioni, perché povero o non conosciuto, sappiate che vi perdete un Paese di enorme cultura (musicale, artistica, letteraria) e di una bellezza mai scoperta.
Boldog életed!
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Da Verona in Ungheria per un anno