Intercultura è: una lente di ingrandimento

Anna Maria Pianigiani

mamma di Lauretta partita per l'Inghilterra nel 1981

Sono Anna Maria Pianigiani, ho 86 anni ed abito a Poggibonsi, in provincia di Siena. Ho conosciuto Intercultura nei primi anni '80, quando molte attività dell’Associazione furono trasferite a San Gimignano, nell’ex convento di Santa Chiara.

All’epoca ero responsabile dell’Ufficio Scuola e Cultura del Comune di Poggibonsi - che all’epoca faceva parte dell’Assemblea Intercomunale con San Gimignano e altri comuni della zona - e ricordo ancora quando in ufficio mi ritrovai tra le mani la "rivista" di Intercultura, che lessi attentamente, per l'interesse che avevo nei confronti degli scambi interculturali. In seguito ebbi modo di conoscere le persone coinvolte e il Segretario Generale di Intercultura, Roberto Ruffino, ma andiamo con ordine.


Tornai a casa. Di getto, parlai con mia figlia Lauretta, che all'epoca aveva circa 16 anni, dei programmi di scambio all'estero organizzati dall’Associazione.
Presentammo una prima domanda per andare 2 mesi in Australia, ma il concorso non andò bene, mentre l’anno successivo (1981) fu ammessa al programma annuale e destinata ad andare in Gran Bretagna. Fummo molto contente anche se le perplessità non mancarono. Sapevamo molto poco del tipo di esperienza che si accingeva a fare, inoltre avevo difficoltà ad affrontare la spesa a mio carico, ma tra rate e Borsa di studio, fu possibile!


Nella seconda metà di agosto 1981, Lauretta partì per Londra.
L’accompagnai in treno all’aeroporto di Malpensa, dove conoscemmo l’altra studentessa italiana in partenza per lo stesso tipo di esperienza, ovvero Sandra Bonzi e la sua famiglia che provenivano da Bolzano. Il distacco fu emotivamente difficile. Al ritorno verso casa, in treno, piansi molto. Sapevo che mia figlia, che era anche la mia amica, in quell’anno mi sarebbe mancata molto, anche se avevamo voluto fare quell’esperienza che avrebbe contribuito alla sua maturazione di giovane donna alla conquista dell’indipendenza.

Avevamo voluto fare quell’esperienza
perché avrebbe contribuito alla sua maturazione di giovane donna
alla conquista dell’indipendenza

Dopo i primi giorni a Londra, dedicati alla formazione ad opera dei responsabili inglesi, Lauretta fu destinata alla prima famiglia provvisoria (dato che la definitiva era in vacanza in quel periodo) e si trovò molto bene: la famiglia aveva tanto tempo per dedicarsi a lei e possedeva una bella casa a Knightsbridge ed ebbe modo così di conoscere una delle parti più belle di Londra.

Dopo un breve perioso, si trasferi in quella che sarebbe dovuta essere la famiglia "definitiva" ma l’esperienza fu negativa. In attesa di procedere con il cambio famiglia, ebbe modo di vivere e conoscere diverse realtà locali, tra Enfield nella prima periferia di Londra passando per la sede di AFS, in Regent Street. Arrivarno finalmente i Parsons, famiglia di Sedgley che la accolsero. Entrambi i figli dei Parsons avevano fatto l’esperienza all'estero con AFS in Usa e la famiglia aveva già ospitato due ragazzi americani: un ragazzo per un breve periodo e una ragazza, Kerry di Birmingham (Alabama), per un anno.

Hillary e Brian furono bravi genitori ospitanti per Lauretta. Lei trovò in Brian il padre che aveva perso a 9 anni. Brian era infermo e non lavorava e non aspettava altro che l’arrivo di Lauretta da scuola per chiacchierare. Non aveva vissuto gli anni dell’adolescenza dei figli dato che sia Beverley che Andrew avevano frequentato scuole private dove dormivano. Tanto era la sintonia tra mia figlia e il padre ospitante che alla sua morte gli è stato riferito che era stata la figlia preferita…

Arrivarono finalmente i Parsons:
Hillary e Brian furono bravi genitori ospitanti per Lauretta.

La comunicazione fra noi avveniva per lettere ed una telefonata breve la settimana. All’epoca c’erano solo i telefoni fissi molto costosi per le comunicazioni con l’estero. Ricordo ancora un episodio narrato durante la nostra corrispondenza, che mi commosse molto all'epoca: Lauretta è nata l’8 Marzo e non so come fecero a regalarle un piccolo mazzo di mimosa che in Inghilterra non fioriva e gli scambi con l’Italia all’epoca erano modesti. Piccoli gesti di grande attenzione. Ricordo quanto mi sono divertita a sentire raccontare da Lauretta, che la sorella ospitante Beverley ancora a 20 anni succhiava il dito e ho ripensato che anche io l’ho fatto fino a quando nel rifugio durante la guerra mi sono vergognata degli altri rifugiati e avevo già 8 anni. Ho trovato comunanza con questa ragazza che ancora non conoscevo..


Negli anni, i Parsons sono venuti a trovarci e noi siamo andate da loro molto spesso. Manteniamo forti legami anche oggi dopo più di 40 anni.
Ancora oggi per il compleanno dei figli di Lauretta arriva un bigliettino o un regalino da nonna Hillary.
I rapporti con la famiglia Parsons sono stati ottimi: manteniamo forti legami ancora oggi, dopo più di 40 anni! Per il compleanno dei miei nipoti, i figli di Lauretta, arriva un bigliettino o un regalino da nonna Hillary.


Mi chiedete cosa ha significato per noi l’esperienza con Intercultura.
Direi imparare a stare lontani rimanendo affettivamente vicini, con scambi ed idee che arricchiscono tutte le parti coinvolte nello scambio, sia all'estero che in Italia. E’ possibile conoscere una cultura diversa da quella dove siamo sempre vissuti dall’interno, come se si potesse avere una lente speciale. Inoltre è stato importante anche conoscere una diversa organizzazione della vita quotidiana della famiglia e della comunità ospitante (in cui Lauretta è vissuta per quasi 12 mesi). La mia esperienza mi porta a sottolineare l’importanza di far fare ai propri figli questo tipo di esperienza e ad esortare i genitori con figli in età di lasciarli andare perché torneranno arricchiti sotto ogni punta di vista.


L'esperienza con Intercultura: è come avere una lente speciale su altre culture
Dopo questa prima esperienza, la mia famiglia ha affrontato anche quella dell’ospitalità. Per l’anno scolastico 1993/94, abbiamo accolto lo studente norvegese, Njaal Borch, che è venuto ad arricchire la nostra famiglia.

Io ero la mamma che non sapeva l’inglese, ma che gli preparava ottimi pasti. Lui era per me il mio "bambino" dai lunghi e bellissimi capelli biondi, di cui ricordo il codino chiuso in una busta, che mi regalò al taglio, come segno d'affetto! Njaal è stato per mio figlio, l'amico, il fratello, un'altra figura maschile con cui finalmente confrontarsi, visto la prematura scomparsa di mio marito Corrado. Finalmente, Leonardo non era più l'unico uomo di casa. Tra i due nacque una buona amicizia.

Ospitare è un impegno, ma anche una bella opportunità. Vi sono da affrontare anche piccoli problemi dovuti alle diversità culturali, di abitudini, ecc., ma soprattutto c’è l’arricchimento dovuto all’apertura a stili di vita diversi. Con la famiglia di Njaal ci siamo incontrati quando sono venuti a trovarlo ed abbiamo mantenuto ottimi rapporti. Io sono andata a Tromso al suo matrimonio, facendogli un "grande regalo", così mi disse! Lui e la fidanzata erano venuti al matrimonio di Lauretta.

Ho avuto occasione di ospitare, sempre con grande piacere, ragazze americane, portoghesi, australiane, neozelandesi per la settimana di scambio quando queste erano in Italia per l’anno scolastico.
Mia figlia ha proseguito l’esperienza di scambio all’estero permettendo ai suoi figli di partire: Anna in Ungheria nell’anno 2018/19 e Alessio per 5 mesi in Argentina adesso nel 2022, esperienza corta causa pandemia. Inoltre ha ospitato tante volte per l’anno 2018/19 Poppy dalla Tailandia e Richard dalla Repubblica Dominicana da Dicembre 2020 a Luglio 2021.


Lauretta fa la volontaria di Intercultura impegnandosi molto.
Le cose sono molto cambiate da quando partì Lauretta. Allora non c’erano volontari nella nostra zona e per fare le selezioni dovette andare a Bologna e per la formazione a Pisa. Come genitori avevamo solo una formazione minima con l’Ufficio di Intercultura, in particolare con Roberto Ruffino, Silvia Camera e Flaminia Bizzarri. Al ritorno di mia figlia, si tenne a San Gimignano un incontro con queste persone che ho citato e pochi genitori.

L’apporto del volontariato è via via aumentato ed è una grande risorsa, e permette di non dover affrontare da soli i piccoli e grandi problemi che sorgono e pensiamo di avere.
Anche io in vario modo sono stata coinvolta nelle attività di volontariato non solo ospitando e collaborando con mia figlia per i ragazzi che ha ospitato.
Ho fatto anche qualche esperienza di formazione, come uno stage di 2 giorni a Bologna. Ho usato quello che ho imparato integrandolo con la mia esperienza di vita e cercando di usare il buonsenso. Mi ha permesso di rafforzare la mia disponibilità all’accoglienza e alla condivisione di esperienze diverse.

Dello stage a San Gimignano ricordo il mio iniziale imbarazzo in rapporto agli altri genitori provenienti da abitudini, lavori e cultura assai diversi dalle mie origini, che ho radici da contadina mezzadra del Chianti, ma quel confronto credo che mi abbia aiutato a crescere ed a proseguire negli scambi.

Guardando indietro nel tempo posso dire che l' esperienza di Lauretta in Inghilterra, le sia servita moltissimo, non solo per l’apprendimento della lingua e per il legame affettivo con la famiglia Parsons, ma anche per aver imparato a fare le proprie scelte di vita dopo profonda riflessione. A tutta la mia famiglia aver provato in concreto che al mondo non ci sono razze, ma solo persone con le quali rapportarsi. Soprattutto credo che abbiamo rafforzato l’idea che verso gli altri non possano esserci pregiudizi, ma eventualmente solo giudizi.

Queste esperienze ci hanno fatto capire che al mondo non ci sono razze, ma solo persone con le quali rapportarsi

A proposito, Lauretta si sta preparando ad ospitare di nuovo una ragazza greca di origine greco/russa e non vedo l’ora di fare delle belle chiacchierate con lei all’ora di pranzo…

Anna Maria Pianigiani

mamma di Lauretta partita per l'Inghilterra nel 1981

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