Costruire ponti di pace

Intervista a Carlotta Wolf

Coordinatrice raccolta fondi dell’UNHCR, ex partecipante ai programmi all'estero in Canada e in Cile e volontaria Intercultura

Questa è una delle 17 interviste a ex partecipanti ai programmi di Intercultura che attualmente si occupano di progetti "sostenibili" che rispondono agli obiettivi proposti dalle Nazioni Unite con l'Agenda 2030. Intercultura ha aderito all'Alleanza Italiano per lo sviluppo Sostenibile (ASVIS), l'iniziativa nata per far crescere nella società italiana la consapevolezza dell'importanza dell'Agenda globale per lo sviluppo sostenibile.


Obiettivo 16 - Pace, giustizia e istituzioni solide. Promuovere società pacifiche e più inclusive per uno sviluppo sostenibile; offrire l’accesso alla giustizia per tutti e creare organismi efficienti, responsabili e inclusivi a tutti i livelli.


Intervista a Carlotta Wolf, nata nel 1988 a Firenze, lavora da più di sette anni per l’UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, nel settore delle relazioni esterne, della comunicazione e della risposta alle emergenze umanitarie. Ha lavorato in Kenya e Somalia a seguito della carestia che ha colpito il Corno d’Africa nel 2011, in Grecia durante la crisi di rifugiati del 2015-2016 e dal 2017 presta servizio presso la sede centrale dell'UNHCR a Ginevra, Svizzera.
Prima di entrare a far parte dell'UNHCR, Carlotta è stata consulente diplomatica per l'Ambasciatore italiano in Somalia dal 2011 al 2013, vivendo tra il Kenya e la Somalia. È molto legata a Nairobi, dove ha iniziato la sua esperienza lavorativa a partire da un tirocinio presso l’Ambasciata d’Italia e dove ha incontrato per la prima volta suo marito Francesco, anch’egli diventato funzionario delle Nazioni Unite.
Ha studiato Relazioni Internazionali a Bologna, Barcellona e Seoul e prima di lasciare l’Italia ha fatto con passione la volontaria per Intercultura presso il Centro locale di Firenze, svolgendo anche il ruolo di Responsabile Ospitalità. Carlotta è anche ex borsista per un programma estivo in Canada nel 2004 e un programma semestrale in Cile nel 2005.
Ama viaggiare, leggere e lavorare con persone di culture diverse per continuare a imparare e mettersi in gioco, e pensa che la curiosità sia il motore del mondo.




Abbiamo pensato a te come testimonial per l’obiettivo 16 dell’Agenda 2030. Di cosa ti occupi nello specifico all’UNHCR?
Ne sono onorata, perché pace, giustizia e inclusione sono alla base del mio lavoro e grazie all’incontro con i rifugiati ho potuto capire in prima persona cosa significhi dover fuggire dal proprio paese e abbandonare tutto per la mancanza di questi diritti fondamentali, causata dalla guerra, dalla violenza e dalle persecuzioni. Lavoro con l’UNHCR dal 2014 e mi sono sempre occupata di relazioni esterne, comunicazione ed emergenze umanitarie. Da marzo 2017 ricopro il ruolo di coordinatrice della raccolta fondi da donatori privati per la risposta alle emergenze in tutto il mondo. Dal quartier generale dell’UNHCR a Ginevra, sono in contatto con i nostri 17.000 colleghi che lavorano sul campo, nei paesi in via di sviluppo da cui proviene o dove ha trovato asilo la maggioranza dei rifugiati e degli sfollati interni che la mia agenzia protegge ed assiste. Dai colleghi sul campo raccolgo aggiornamenti sulle crisi in corso e sulle necessità più urgenti, per cui chiediamo il sostegno dei donatori in paesi più fortunati come l'Italia, siano essi semplici cittadini come ciascuno di noi, ma anche aziende, fondazioni e filantropi. So che l’impegno, anche piccolo, di ciascuno può’ davvero fare la differenza!

Solitamente la parola sostenibilità si associa all’ambiente e non all’inclusività sociale e all’accesso alla giustizia. Come si può, quindi, nel quotidiano contribuire a creare delle società pacifiche e inclusive ai fini dello sviluppo sostenibile?
Come la pandemia ci ha brutalmente insegnato, nessuno si salva da solo. Tutti dobbiamo impegnarci a proteggere i più vulnerabili nelle nostre società, quelli che rischiano di essere lasciati indietro.
Le parole chiave sono inclusione e collaborazione. Per non lasciare indietro nessuno e assicurare diritti umani per tutti, ciascun paese e segmento della società dovrà raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030, compresi gli 80 milioni di persone rifugiate o sfollate interne, e le altre popolazioni più emarginate, che vivono in aree di conflitto e di emergenze umanitarie.
Nel nostro piccolo, possiamo contribuire sostenendoci gli uni con le altre all’interno delle nostre comunità e cercando - come fa Intercultura - di costruire ponti tra culture, paesi e lingue diverse, canali di scambio che abbattono le barriere tra persone, permettendoci di ascoltarci e conoscerci senza giudicarci.

Anche qualche giorno fa c’è stato l’ennesimo naufragio in mare. Quali sono le priorità e le politiche si dovrebbero intraprendere per fornire una vera protezione internazionale?
Il tragico naufragio del 23 aprile sarebbe il più grave, per perdita di vite umane, nel Mediterraneo centrale dall’inizio dell’anno. Finora nel solo 2021, almeno altre 300 persone sono annegate o scomparse in quel tratto di mare a noi così vicino. Il doppio rispetto allo scorso anno.
Finché ci saranno guerre, violenze, povertà e cambiamenti climatici avversi, le persone continueranno a fuggire. E in assenza di maggiori percorsi legali verso la sicurezza, molti uomini, donne e bambini saranno costretti a imbarcarsi in viaggi pericolosi e - troppo spesso - mortali. Come dice la poetessa somalo-inglese Warsan Shire nella poesia Home: “dovete capire/che nessuno mette i propri figli su una barca/a meno che l’acqua non sia più sicura della terra”.

Chiedere asilo è un diritto fondamentale sancito dalla Convenzione di Ginevra del 1951, alla base del lavoro dell’UNHCR. Lasciare aperti i confini per chi rischia persecuzioni, riattivare le operazioni di ricerca e soccorso in mare, ampliare le vie di ingresso sicure come corridoi umanitari, borse di studio e ricongiungimenti familiari, sono priorità importanti. Ma tutti noi abbiamo un ruolo nell’assicurare la protezione internazionale: informandoci, sfatando falsi miti, mitigando le paure attraverso l’ascolto, donando ove possibile, dando opportunità di lavoro o di studio, tendendo la mano per accogliere, giorno dopo giorno.

Quali esperienze lavorative hai fatto all’estero? Come le tue esperienze con Intercultura hanno influenzato il tuo percorso accademico e professionale?
La mia avventura con Intercultura è nata come borsista per un programma estivo in Canada e poi un semestre in Cile, entrambi paesi che le sono rimasti nel cuore. Queste esperienze mi hanno dato le ali per scoprire il mondo e le lenti giuste per osservare le differenze e arricchirmi attraverso di esse. Mi ha insegnato cosa vuol dire essere una “minoranza”, una persona diversa in una comunità coesa e compatta, di cui all’inizio non capivo neanche la lingua e i modi di fare, e imparare col tempo a sentirmi a mio agio e a superare le difficoltà. Mi ha insegnato ad avere orizzonti ampi e a prendermi cura, di me, degli altri e dell’ambiente che ci circonda.
Questo bagaglio ha certamente influenzato le mie esperienze di studio e lavorative successive, in particolare a sostegno dei rifugiati.

Quale messaggio vuoi lasciare alle ragazze e ai ragazzi che hanno quest'estate partiranno per un’esperienza all’estero con Intercultura?
Non abbiate paura di sentirvi incerti: non sarà sempre facile, ma sarà sempre un’esperienza di crescita che porterete con voi per il resto delle vostre vite. La pandemia ha distrutto le nostre certezze in maniera imprevedibile e ci ha spesso allontanato dalle persone che amiamo. Ma ci ha resi anche più consapevoli di ciò che diamo per scontato, della nostra fantastica routine, del poter scegliere cosa fare. Avere l’opportunità di partire con Intercultura è una di queste scelte preziose. Migliaia di persone al mondo – come i rifugiati – non hanno scelta e vivono nell’incertezza costante. Possiamo ispirarci alla loro forza di ricominciare. Vi auguro di imparare a mettere radici nelle persone, più che nei luoghi. Ovunque andrete, riuscirete a far crescere alberi forti, che vi sosterranno sempre! E sarete davvero creatori di società pacifiche, inclusive e sostenibili. Buon viaggio!

Intervista a Carlotta Wolf

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