Da studentessa Intercultura negli USA a operatrice umanitaria in Medio Oriente: la storia di Federica

Federica

ex partecipante ad un programma scolastico annuale negli USA

“Probabilmente se non avessi fatto Intercultura farei tutt’altro nella vita”.
Inizia così l’intervista a Federica Patton, partita a 16 anni da Trento per un anno negli USA con Intercultura che oggi si occupa di progetti di cooperazione internazionale dedicati alla parità di genere per l’UNFPA - Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione.



Pensi che l'esperienza che hai avuto da giovane con Intercultura abbia influito nelle scelte del tuo percorso professionale e personale?

È stato l’inizio della mia carriera.

Nel 2008, grazie alla Borsa di studio Intercultura e alla Borsa di studio della Fondazione Caritro, salutai i miei amici e i miei insegnanti del Liceo Scientifico di Trento per partire alla volta degli USA, in Wisconsin.


Una regione caratterizzata da grandi laghi, fattorie e fiere di campagna davvero molto distanti dall’immaginario che avevo degli Stati Uniti. Infatti, è grazie a questo “corto circuito” che ho capito che avrei dovuto decostruire gli stereotipi che avevo nella testa e iniziare un processo di osservazione, conoscenza e apertura mentale. Questo “insegnamento”, appreso a 16-17 anni, è stato importantissimo e mi ha lasciato un’impronta indelebile.

Quando per lavoro mi trovo in contesti “diversi”, la prima cosa che faccio, ormai in automatico, è darmi del tempo per osservare e cercare di capire il perché delle cose, senza giudicare.
Probabilmente se non avessi fatto Intercultura farei tutt’altro nella vita!
Al rientro dal tuo anno negli USA che percorso hai scelto di fare? Come sei arrivata a lavorare per le Nazioni Unite?

Mi sono iscritta all’Università di Trento ed ho intrapreso il corso di Studi Internazionali, prendendo una doppia Laurea presso l’Università di Nantes, in Francia.
Devo dire che anche la formazione fatta con i volontari di Intercultura prima della partenza per gli USA è stata determinante nella scelta universitaria: spesso infatti eravamo invitati a riflettere sui temi legati alla Pace e all’interculturalità e ciò ha colpito molto la mia attenzione. Infatti poi ho proseguito i miei studi in Francia, alla Sorbona, con una specializzazione in gestione di operazioni umanitarie. Poi lo stage a Torino presso l’UN Women in cui ho iniziato ad occuparmi di tematiche legate alla parità di genere, all’empowerment femminile e alla violenza di genere e infine dopo tante esperienze all’estero, tra Bangkok, New York e Niger, sono approdata al confine turco-siriano con l’UNFPA (United Nations Population Fund).


Cosa possiamo fare nel nostro piccolo per la parità di genere? Che consigli senti di poter dare ai giovani?

Non mi sento di dare consigli perché credo di essere ancora “in formazione” ma sicuramente il messaggio che mi sento di dare alle ragazze è credere in se stesse, nei loro sogni e possibilità. Il percorso è arduo e non privo di ostacoli ma tutto ciò non deve impedire loro di compiere il primo passo e di ripetersi spesso: “Si, posso farcela”.
È molto importante poi lavorare, ad ogni livello della società, sui temi dell’empowerment femminile e sul "raising awareness” anche tra gli uomini e ragazzi.


Cosa ti senti di dire ai giovani interessati a un percorso analogo al tuo?
In questi anni, ho scoperto che con molte colleghe e colleghi condividevo anche l’esperienza fatta con Intercultura. Non credo sia un caso: partire da giovanissimi sicuramente ti permette di apprendere di più da questa esperienza e farne tesoro. L’Erasmus e/o la doppia Laurea sono poi altri trampolini di lancio, fino ad approdare a programmi finanziati dal Governo italiano che ti offrono l’opportunità di intraprendere carriere in giro per il mondo come il JPO (Italian JPO Programme | UN/DESA (undesa.it)) e/o il Fellowship (Italian Fellowships Programme | UN/DESA (undesa.it)).


Quale messaggio vuoi lasciare alle ragazze e ai ragazzi interessati ad un’esperienza all’estero con Intercultura?

Per la mia esperienza, consiglio di prendere in considerazione paesi un po’ meno scontati.. Nel mio caso, gli USA sono stati frutto di una negoziazione con i miei genitori ma sin da piccola il mio interesse era verso i Paesi asiatici o comunque dove la diversità culturale era più evidente. Credo infatti che dove c’è maggiore diversità, ci sia maggiore apprendimento.

Per me Intercultura ha significato imparare ad “indossare occhiali nuovi” con cui guardare il mondo e il mio augurio è che tanti altri giovani possano avere questa opportunità!

Federica

ex partecipante ad un programma scolastico annuale negli USA

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