Da docente a (anche) volontaria di Intercultura il passo è breve!

Lucia

Docente d'inglese in una scuola superiore de La Spezia e volontaria Intercultura

Quando si affronta un’esperienza come quella di Intercultura e si esce “dall’acquario” si conosce decisamente “l’altro da sé" e si sviluppano proprio quelle competenze interculturali e interpersonali che sono alla base dell’educazione alla cittadinanza democratica, obiettivo trasversale che ci attrezza per la vita. Lucia, docente e volotnaria di Intercultura, rcconta la sfida che lancia ogni giorni ai suoi studenti per diventare cittadini globali.
Sono diventata volontaria di Intercultura da poco più di un anno e insegno al Liceo Artistico di La Spezia.
Lavoro con i progetti di internazionalizzazione da molti anni, ho conosciuto tante realtà educative e ho incluso da sempre come obiettivo del mio insegnamento far capire che la lingua straniera che insegno è soprattutto uno strumento di comunicazione e di relazione e le parole sono uno specifico modo di leggere la realtà legato a un luogo, uno stile di vita, una cultura con tutte le sue declinazioni.

Mi sono data da fare negli anni “esponendo” tutti gli studenti ad un ambiente “altro”, che fosse etwinning e la sua comunità digitale o i diversi progetti legati all’educazione civica e alla cittadinanza attiva offerti proprio da Intercultura, Asvis e, soprattutto scrivendo e implementando progetti Erasmus+.

Il valore educativo sta nell’opportunità di mettersi in gioco, aprire la mente, far nascere la curiosità per le altre culture e soprattutto acquisire una nuova prospettiva sulla propria, in un periodo della vita che predispone ed orienta le proprie scelte future. Certo, non è un percorso per tutti. Il percorso di vita individuale e la paura del cambiamento sono forti ostacoli.

Per qualche tempo nella vecchia scuola sono stata referente per gli studenti in mobilità individuale annuale ed ho potuto seguire i loro percorsi. Mi sono chiesta quali elementi fossero la molla per i pochi che affrontano un’esperienza così sfidante, se confrontata con il timore di uscire dalla routine che la maggioranza dei compagni spesso dimostrano. Solo indole, carattere? Un background familiare che predispone al viaggio e alla scoperta?

Come poter collegare due realtà così diverse nella stessa comunità scolastica? Come mettere a disposizione del gruppo la preziosa esperienza del singolo?
Ho cominciato negli ultimi anni anche ad esplorare le risorse di cui disponevo in classe: tutti i ragazzi con background migratorio che si sono fatti sempre più numerosi. La loro lingua insieme con la loro cultura sono sempre oggetto di progetti e condivisione in qualche modulo della mia programmazione. Spesso le culture altre che non sono quelle anglofone sembrano di minore importanza e tendono a passare inosservate e a volte restano volutamente nascoste. Bisogna invece avere uno sguardo che valorizzi la multiculturalità per far nascere la vera cittadinanza globale.

L’ultimo passo della mia personale esperienza è stato diventare volontaria di Intercultura per leggere le dinamiche di cui scrivevo sopra da questa prospettiva molto privilegiata
Una cosa mi sta molto a cuore ed è poter trasmettere a tutti i miei studenti il messaggio che accogliere la diversità è il fine ultimo. Intendo la diversità che già è presente nel proprio contesto sociale, dall’incontro con le diverse etnie alle sfide della socializzazione o alle differenze degli stili comunicativi o del neurosviluppo. La diversità non è una minaccia, ma una ricchezza.

Quando poi si affronta addirittura un’esperienza come quella di Intercultura e si esce “dall’acquario” si conosce decisamente “l’altro da sé" e si sviluppano proprio quelle competenze interculturali e interpersonali che sono alla base dell’educazione alla cittadinanza democratica, obiettivo trasversale che ci attrezza per la vita.

Lucia

Docente d'inglese in una scuola superiore de La Spezia e volontaria Intercultura

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